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Francesco (Checco) Durante
(Roma 1893 – 1976)
Attore

Abbandonata presto la scuola, lavorò presso una ditta di trasporti. Fin dagli anni più giovani scoprì la passione per il teatro; a diciotto anni, ispirandosi al poeta dialettale romano Trilussa iniziò a pubblicare poesie sulla rivista il «Rugantino». Nel 1915 si arruolò in guerra per rientrarne congedato nel 1918. Iniziò la collaborazione con «La Gazzetta degli spettacoli», pubblicandovi la poesia Il divo Petrolini. Il vero e proprio debutto avvenne a Velletri ma dopo una serie di esperienze infelici (a Montecatini, attore ne Il frutto acerbo di R. Bracco, la platea vuota lo scoraggiò) decise di ritirarsi dall’esperienza teatrale e si impiegò presso un grossista di tessuti. L’episodio che gli cambiò la vita fu l’incontro con Anita Bianchi (subito fidanzata e sposata a Roma il 25 luglio 1922), e con il segratario di Ettore Petrolini che lo scritturò per la compagnia, in cerca di autorevoli interpreti. Dal connubio nacque Il cortile, tratto da la Stonatura di F. M. Martini, in collaborazione con lo stesso Petrolini, rappresentato a Napoli nel 1919; fu un successo strepitoso, il pubblico si affezionò alla sua carica espressiva in grado di comunicare una schiettezza calorosa, burbera e ilare a un tempo.

La sua carriera fu segnata dalle tournèe in tutto il mondo, nell’America Latina, a Buenos Aires, a Rio de Janeiro, davanti a un pubblico totalmente conquistato. Con Petrolini scrisse e interpretò Cento de ’sti giorni, Acqua Salata e La trovata di Paolino di Martinelli. Il 7 aprile 1928 debuttò con la Primaria compagnia della commedia romanesca, in qualità di capocomico, al teatro Traiano di Civitavecchia, con La commedia de Rugantino di Augusto Jandolo. Passò di successo in successo in tutti i teatri dove conveniva un gran numero di pubblico. Il 14 febbraio 1929 al teatro Jovinelli interpretò Bernardina nun ’fa la scema, brillante commedia pensata per Anita, protagonista infallibile dei suoi spettacoli. Grande successo ottenne con Io sono un pazzo (Salone Margherita, 15 aprile 1934) così pure nel suo debutto nel mondo del cinema, che proprio in quegli anni, nel 1930, con Gennaro Righelli ne La canzone dell’amore era passato dal muto al sonoro, per la prima volta in Italia. Durante recita per il regista Righelli nel film Lo smemorato del 1936, nella parte di un allenatore. Si ricorda ancora la figura di Checco nei panni del vetturino in Roma ore 11, film di G. De Sanctis del 1952.  Terminato il secondo conflitto mondiale, organizzò uno Stabile fisso per la sua compagnia teatrale; lo ottenne nel magazzino di proprietà comunale ubicato in piazza Santa Chiara a Roma, restaurato a dovere e riaperto quale Teatro Rossini, il 6 aprile 1950 lo inaugurò con la commedia Un santo di A. Maroni. Ormai lentamente avanti con gli anni si fece aiutare prevalentemente dalle figlie e i generi, in particolare Enzo Liberti, mentre lui continuava ad apparire quale arguto commentatore di fatti e misfatti familiari, come in Don Desiderio disperato per eccesso di buon cuore, adattato da G. Giraud. Nel 1973 pubblicò un’autobiografia I miei ricordi, le mie poesie; morì a Roma il 5 gennaio 1976.

La cappella in pietra squadrata dove riposa Checco Durante insieme alla moglie Anita si trova nel reparto moderno dell’Ampliamento, al riquadro 133. La vena poetica di colui che ha risollevato le sorti della commedia dialettale romana si esprime nel testo da lui scritto per la sua tomba: «Mo che se vede ar monno solamente/ che l’odio impera e la bontà è finita/ de fronte all’arivismo è bello tanto/ quanno che uno sparisce dalla vita/ lassanno l’amarezza d’un rimpianto».