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Cesare Pascarella
(Roma 1858 – 1940)
Poeta

Si avviò dapprima alla pittura studiando all’Istituto delle Belle Arti. Attratto dalla realtà ritratta al vero, comincia il suo vagabondaggio curioso per la campagna romana, accanto al compagno di esercitazioni pittoriche Alessandro Morani, il quale lo inserisce quale allievo nello studio di Attilio Simonetti. Era celebre, nella Roma delle grandi trasformazioni edilizie, in mano agli imprenditori liguri, lombardi e veneti, partecipi della febbre edilizia, la festa degli artisti a Tor Cervara, le grotte ubicate a 6 Km da Roma sulla via Prenestina. La festa, risalente al 1815, prevedeva un carnevale degli artisti di Via Margutta, il 21 aprile, in cui ci si recava in gruppo e ognuno, avente uno pseudonimo, impersonava un carattere. Pascarella, noto quale “pittore d’asini” esordiva recitando i suoi primi, acclamati, sonetti. Il ventenne poeta cominciò a frequentarne gli artisti mondani e innovatori, partecipando alle attività dei “XXV della Campagna Romana” frequentando il Caffè Greco, stringendo rapporti con gli artisti più simili a lui per irrequietezza e bisogno di nuovo, collaborando con la «Cronaca bizantina» e successivamente con il «Fanfulla della domenica», che pubblicano i suoi primi scritti in dialetto romanesco, Er morto di Campagna, La serenata (Roma 1882, più volte ristampati) e L'allustra scarpe filosofo in «L’illustrazione italiana» nel 1887. Iniziano i viaggi: in Sardegna nel 1882, in compagnia di D’Annunzio e Scarfoglio, in India, Giappone, Stati Uniti, Cina, Argentina, con gli altri letterati del tempo, trascritti nei suoi Taccuini con disegni, osservazioni acute e caustiche, pubblicati postumi dall’Accademia dei Lincei nel 1961. Pascarella consacra definitivamente la fama di poeta con i 25 sonetti di Villa Gloria nel 1886 (cioè Villa Glori, ora vasto parco pubblico situato a nord della città), che narrano per bocca di un popolano i fatti di Villa Glori del 1867 e il tentativo dei patrioti di prendere Roma, fallito tragicamente col noto epilogo dei fratelli Cairoli. L’opera, piccolo poema epico, meritò l’apprezzamento di Giosuè Carducci, reso noto attraverso l’articolo pubblicato lo stesso anno sulla «Nuova Antologia», destinato a lanciarlo sulla scena letteraria nazionale. La descrizione in dettaglio dei fatti, realistica e drammatica, nel colorito linguaggio dialettale, si inserisce a pieno titolo nella coeva produzione letteraria attraverso il canone dell’impersonalità che caratterizza il più vasto movimento del verismo. L’opera maggiore e più nota di Pascarella è La scoperta de l’America (1893), una raccolta di 50 sonetti, in cui un gruppo di popolani, riuniti all'osteria, discutono della famosa storia di Cristoforo Colombo e di come scoprì il continente americano. Un membro del gruppo racconta la storia agli amici, arricchendo il discorso con coloriti commenti e generose pause scandite da numerosi brindisi con vino. Il poema, narrato sotto forma di divertente vicenda della scoperta dell’America, conserva la fantasia più favolistica che epica, della storia vissuta attraverso gli occhi del popolo di Roma. Pascarella, a differenza del Belli, descrive i fatti come sono, senza alcun tipo di valutazione morale o commento personale, fissa fedelmente l’attimo, con risultati di incredibile realismo. La sua lettura riporta in vita le atmosfere più autentiche delle strade e dei vicoli della Roma fin de siècle. Nel 1930 è nominato Accademico d’Italia e, postumo e incompiuto, nel 1941 viene pubblicato dall’Accademia d’Italia Storia Nostra, costituito da 267 sonetti, composti in oltre quarant’anni, che trattano la storia di Roma dalla fondazione al 1870. Muore a Roma l’otto maggio del 1940, sordo e in solitudine. Il riordino della sua attività all’Accademia d’Italia venne affidato ad Ada Negri, prima donna a entrarvi. Le sue carte, la biblioteca (stampati antichi e moderni), i quadri e i disegni furono acquistati nel 1941 dall’Accademia dei Lincei.