Appassionatosi giovanissimo negli studi di topografia di Roma e del Lazio, fu allievo dell’architetto Luigi Canina (1795-1856), il quale lo indirizzò agli studi topografici, incaricandolo di redigere i disegni e i restauri dei monumenti che studiava. Dietro segnalazione del suddetto fu presentato al principe Borghese, il quale gli affidò l’incarico di riordino e classificazione del materiale del suo museo, di cui lo nominava direttore. Nel 1859 il Rosa intraprese quegli studi preliminari che lo portarono alla redazione della Carta archeologica del Lazio, rilevata in scala 1:20.000 nell’area attraversata dalla Via Appia e i Colli Albani. Sostenitore della Repubblica Romana, nel ’49 prese parte alla difesa della città, impegno politico che gli valse il riconoscimento da parte del Comune, dopo l’Unità d’Italia, di benemerito della liberazione di Roma, premiato con medaglia al valore civile. Al breve periodo repubblicano fece seguito il ritorno di Pio IX, che inaugurò un momento lavorativo molto difficile per lo studioso, colpito da censura. A ristabilire la sua difficile posizione intervenne Napoleone III, che lo incaricò di illustrare la sua Storia di Giulio Cesare. Acquistati gli Orti Farnesiani da Francesco II di Borbone, Napoleone III, patrocinante gli scavi, incaricò il Rosa direttore delle indagini al Palatino con la carica di Conservatore del Palazzo dei Cesari, favorendogli così l’inizio di una splendida carriera. L’archeologo mise in luce monumenti importantissimi: l’Auguratorium (il Tempio della Magna Mater), il creduto tempio di Giove Vincitore (in realtà di Apollo), quello di Giove Statore, la Porta Mugonia, parti della Domus Tiberiana e della Domus Flavia, le Scalæ Caci con l’area delle cisterne arcaiche e la domus ritenuta di Tiberio Cesare (casa di Livia). Il Rosa ebbe il grande merito, dopo la presa di Roma nel 1870, di convincere lo sconfitto Napoleone III (dopo la vittoria a Sedan dell’esercito franco-prussiano) a cedere il Palatino al Governo italiano. Rosa si trovò così, nella Roma post unitaria, a ricevere cariche importanti come quella di Senatore, nel 1870, e Guida dell’istituenda Soprintendenza per gli scavi e monumenti di Roma e della Provincia. In soli cinque anni lo studioso, avviando i doverosi studi scientifici e una campagna di scavi nei luoghi come il Foro Romano, la villa Adriana di Tivoli, l’area archeologica di Ostia antica, riportò le più importanti scoperte e i più fecondi risultati di cui ancora oggi usufruiamo. Dopo poco, nel 1874, l’incarico gli fu rimosso a causa dei rapporti difficili, circa la gestione del Palatino, tra il Fiorelli e lo studioso stesso. Il governo nello stesso anno affidò le funzioni di capo della neocostituita Direzione Generale per i Musei e gli Scavi di Roma al succitato archeologo Fiorelli. Con l’incarico, da titolo onorifico, di Ispettore Generale alle Antichità del Regno il Rosa si ritirò a lavorare solo sugli Orti Farnesiani. Il 15 agosto 1891 moriva e sul giornale La Voce della Verità del 18 agosto 1891 veniva ricordato l’affettuoso corteo mosso in sua memoria: «Dal Palazzo dei Cesari la cassa venne trasportata a braccia fino alla cancellata sulla via San Teodoro e quivi collocata in un carro di prima classe, con molte corone. I cordoni erano tenuti dal Ministro della Marina, dall’on. Tabarrini per il Senato, dall’on. Borromeo per la Camera, dall’assessore Ranzi, dal comm. Mariani e dal sottosegretario di Stato per la Pubblica Istruzione. Il corteo […] fece sosta alla basilica di S. Maria in Cosmedin e […] la salma, seguita da senatori, deputati e vari funzionari del Ministero della Pubblica Istruzione, fu trasportata a Campo Verano». Nel 1895 La Carta archeologica del Lazio fu acquistata dallo Stato.