Figlio di una borghesia imprenditrice, cattolica e illuminata, comincia ad interessarsi al cinematografo grazie alla frequentazione del Cinema Corso, costruito dal padre. I film che impressionano il giovane Rossellini sono i primi capolavori di Vidor, La folla ('28) e Alleluja ('29).Alla fine degli anni '30 gira dei cortometraggi sulla natura che denotano già un forte interesse per la realtà colta nella sua flagranza.Durante la guerra realizza la trilogia del fascismo: La nave bianca ('41), Un pilota ritorna ('42) e L'uomo dalla croce ('43). In questi lungometraggi di propaganda, Rossellini adotta tuttavia un linguaggio documentaristico e antiretorico svelando il grado di umanità dei personaggi sia nelle azioni quotidiane che nelle gesta eroiche.Questi elementi trovano il loro naturale approdo nella trilogia della resistenza iniziata con Roma città aperta ('45), Paisà ('46), e conclusa con Germania anno zero ('49) opera che evidenzia in modo più marcato la sua visione tragica della vita, condizionata anche dalla morte del figlio Marco. Rossellini tra i registi del movimento neorealista è, con Visconti, il più sfuggente. L'esigenza di osservare la realtà con sguardo autentico attraverso il mezzo filmico viene postulata già nei primi anni '40 sulle riviste “Cinema” e “Bianco e Nero” nelle quali scrivono intellettuali come Antonioni, Barbaro e Lizzani. Rossellini non appartiene a quel gruppo, tuttavia una comune sensibilità nei riguardi di un certo cinema documentaristico (Flaherty e Vidor) e del Blasetti più realista di 1860, mette in luce un terreno condiviso. Dalla stretta collaborazione con Amidei nasce Roma città aperta (premiato a Cannes) in origine pensato come documentario sulla figura antifascista di Don Morosini. Caduto il fascismo per questi autori, ai quali si aggiungono De Sica, Zavattini e De Santis, diventa ineludibile la questione morale e la ricerca di un linguaggio più aderente alla realtà, infatti essi guardano con rinnovato interesse a scrittori come Verga, Moravia o Hemingway. Anticipato dal film di Visconti Ossessione ('43), nato con l'aiuto di alcuni membri del Centro Sperimentale e di Blasetti, il movimento neorealista si palesa proprio in funzione di questa convergenza etico-culturale.Verso la fine degli anni '40, la situazione postbellica va rapidamente mutando; non è più lo sfacelo della guerra e la resistenza che interessano Rossellini ma quella borghesia autoreferenziale che non tiene conto dei bisogni profondi dell'essere umano. Lo stesso regista evidenzia come nella sua opera l'intento etico sia il punto di partenza assoluto; egli crede profondamente che si possa recuperare quel senso di umanità apparentemente perduto. Da questa consapevolezza prendono corpo film come, Stromboli, terra di Dio ('49), Europa 51 ('52) e Viaggio in Italia ('53), che privilegiano un punto di vista femminile, e per unità tematica compongono la trilogia della solitudine. Tralasciando la stampa rosa che si getta senza pudore sulla relazione sentimentale tra il regista e la Bergman, questi film non vengono del tutto apprezzati in Italia, mentre in Francia grazie a Bazin diventano un esempio per i futuri registi della Nouvelle Vague.L'evoluzione tematica prosegue con il documentario India ('58) che anticipa per molti versi quel cinema didascalico che porterà Rossellini al mezzo televisivo a metà degli anni '60.Nel '59 ritorna alla tematica della resistenza che gli frutta il Leone d'oro con Il generale Della Rovere, da un soggetto di Montanelli. Nel '66 dirige il film per la televisione La presa del potere da parte di Luigi XIV, l'esempio migliore di questa lunga parentesi. Dopo dieci anni dedicati al lavoro televisivo, nel '74 torna al cinema con Anno uno, film sulla figura di De Gasperi, seguito da Il Messia ('75), nei quali adotta ancora il suo stile didascalico più vicino alla cronaca che a una lettura storica.