Sei in:  Visite culturali / Storie al femminile / Camilla Ravera
Camilla Ravera
(Acqui Terme-Al 1889 - Roma 1988)
Politica, scrittrice

Camilla nasce in Piemonte da una famiglia borghese. Divenuta insegnante, dopo la morte del padre, vince il concorso magistrale e ottiene un posto all’Istituto “Rajneri” mentre già comincia ad interessarsi di storia e di politica. Nel 1919, incoraggiata anche da Antonio Gramsci che scrive prima sull’Avanti e poi sul Grido del Popolo, aderisce al Partito Socialista, entrando nel gruppo di intellettuali de l'Ordine Nuovo. Vi fanno parte oltre lo stesso Gramsci anche Angelo Tasca, Umberto Terracini e Palmiro Togliatti e le loro idee si proiettano sull'orizzonte della Terza Internazionale. Al congresso di Bologna del 1919 appoggiano i massimalisti, l'anno successivo sono solidali con la FIOM per lo sciopero dei lavoratori metallurgici a Torino, preludio della protesta che coinvolge poco dopo 500.000 lavoratori piemontesi. Nel 1921, quando l’Ordine Nuovo diviene quotidiano, viene affidata alla Ravera la Tribuna delle donne, una rubrica in cui si dibattono questioni e vicende legate al mondo femminile. Nello stesso anno è poi nel gruppo fondatore del Partito Comunista d'Italia, incaricata dell'organizzazione delle sezioni femminili (96 sezioni per un totale di 400 iscritte), insieme a Ortensia De Meo, Rita Montagnana; nel 1922 contribuisce alla creazione del periodico la Compagna che dirige fino al 1926. Nel frattempo i suoi rapporti con Gramsci si intensificano: parlano e discutono di tutto con reciproca stima e fiducia. Il suo ruolo di primo piano nel Partito la porta nell'ottobre 1922 a Mosca per il Quarto Congresso dell'Internazionale Comunista, dove può essere presente all'incontro in cui Amadeo Bordiga riferisce a Lenin le ultime notizie sulla situazione italiana e sull'avanzata del fascismo con la marcia su Roma. E' di dicembre l'iniziativa di Mussolini di trarre in arresto i delegati italiani al Quarto Congresso e, nei mesi successivi, gran parte dei membri del Comitato Centrale del Partito. Viene chiamata allora dalla direzione del Partito a Milano dove lavora nell’Ufficio di Segreteria. Il nuovo Comitato, riorganizzato da Terracini in clandestinità, vede fra i suoi componenti anche la Ravera, che nel 1924 dirigerà la sezione femminile.Dopo l'entrata in vigore delle leggi eccezionali fasciste (novembre 1926), i membri del Comitato Centrale, ormai quasi tutti rifugiati all'estero, decidono che il Partito rimarrà in Italia e ne affidano la segreteria alla Ravera. Nonostante la posizione semiclandestina, l’organizzazione continua a vivere e rafforzarsi: conta già 30.000 iscritti e l’Unità ha una vasta diffusione, segno evidente di una massa di aderenti e simpatizzanti da non sottovalutare. Nel '27 anche la Ravera è costretta a fuggire in Svizzera e sarà processata in contumacia l'anno successivo, quando era contemporaneamente membro effettivo del Comitato Centrale, dell'Ufficio Politico e dell'Ufficio di Segreteria. Con l'incarico di riorganizzare e dirigere il “centro interno” del PCd'I, la Ravera nel 1930 torna in Italia segretamente, ma viene arrestata ad Arona e processata. Condannata dal tribunale speciale a 15 anni e sei mesi di carcere, li trascorrerà prima nel penitenziario di Trani (5 anni) e poi al confino a Ponza e Ventotene. Qui partecipa attivamente alla vita politica dei confinati comunisti unendosi a Umberto Terracini nella disapprovazione del patto russo-tedesco del 1939 contro la maggioranza del direttivo che li espelle dal Partito nel febbraio 1943. Dopo la guerra, nel 1945, con l'avvento della nuova linea togliattiana, le viene consentito di rientrare nel Partito ed essere eletta al consiglio comunale di Torino. Dopo essere stata per diversi anni dirigente dell'UDI (Unione Donne Italiane) e parlamentare per due legislature (1948-1958), si ritira a vita privata. Nel gennaio 1982 viene nominata dal presidente Pertini senatore a vita, prima donna ad aver ricevuto questo riconoscimento. Tra i suoi scritti si ricorda La donna italiana dal primo al secondo Risorgimento (1952), Nelle carceri fasciste. Trent' anni di storia italiana (1961), Una donna sola (1988). E’ sepolta nel Mausoleo del Partito Comunista Italiano, opera degli architetti Gualtiero Costa e Manlio Savi (1970).