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Grazia Deledda
(Nuoro 1871- Roma 1936)
Scrittrice

Nasce a Nuoro nel 1871 da una famiglia benestante e patriarcale. La sua formazione intellettuale è del tutto autodidatta e provinciale: frequenta infatti la scuola soltanto sino alla quarta elementare. Della sua vita, vissuta anche dopo il matrimonio quasi in isolamento, sappiamo molto poco: cenni e riferimenti si trovano nel romanzo autobiografico Cosima (uscito postumo nel 1937) da cui possiamo ricostruire alcuni momenti salienti della sua vicenda umana. La Deledda, che rimane sempre legata ad una concezione patriarcale dell’esistenza, attraversa gli anni dall’infanzia all’adolescenza scontrandosi con una serie ininterrotta di sciagure familiari. Perderà infatti in pochi anni tre sorelle ed il padre mentre i suoi due fratelli avranno problemi con l’alcolismo e la giustizia. Queste difficoltà, unite al soffocante pregiudizio verso la sua nascente vocazione letteraria, fanno maturare nella Deledda quei fermi propositi di fuga dall’ambiente sardo che in seguito si realizzeranno soltanto con il matrimonio, l’unica soluzione possibile per una donna del suo tempo. Soltanto nel 1892 esce il suo primo romanzo, Fior di Sardegna, dove l'autrice mescolerà elementi biografici e d’invenzione. Gli scritti di questo periodo risentono di un clima tardo romantico, esprimendo in termini convenzionali e privi di spessore psicologico amori vissuti come fatalità ineluttabili. I lavori successivi segnano un avvicinamento alle tematiche veriste: La via del Male del 1896, assai ben accolto in una recensione di L. Capuana, Il tesoro (1897), La giustizia (1898), Il vecchio della montagna (1900). Nel 1900 incontra Palmiro Madesani, un funzionario statale, che sposa dopo soli pochi mesi. Al matrimonio, forse il più importante evento nella vita della donna e della scrittrice, segue il suo trasferimento a Roma dove vive fino alla morte. Di grande interesse per la sua produzione letteraria sono le opere di questo primo periodo romano, caratterizzate da una visione più distaccata e serena e da un accostamento a temi legati al decadentismo. La Tra i romanzi di questa fase ricordiamo i più importanti: Elias Portolu (1903), Cenere (1904), da cui fu tratto un film con protagonista Eleonora Duse, l'Edera (1908), Canne al vento (1913), in cui dominano i temi legati al peccato e al senso di colpa. La Deledda sembra affrontare questi anni come una seconda vita, anche se in senso del tutto letterario: la sua attività si esaurisce infatti nello scrivere assiduamente e nel pubblicare romanzi e racconti quasi con ritmo annuale. La sua narrativa sviluppa temi totalmente svincolati dalla realtà, creati solo per necessità di espressione. Si colloca così nell’ambito della letteratura italiana con una fisionomia indubbiamente originale, sia per i caratteri nuovi del suo regionalismo sia per la particolare intensa attenzione che porta ai problemi dell’anima. Spiccati caratteri del romanzo psicologico emergono ne Il segreto dell'uomo solitario pubblicato nel 1921. Con il passare degli anni, aumentando la distanza temporale e culturale che la tiene lontano dalla Sardegna, origine e fine della sua ispirazione, cerca di cogliere le mutate esigenze del gusto assimilando le nuove istanze postnaturalistiche. Gli ultimi romanzi quali La danza della collana (1924), Il paese del vento(1931), l’Argine (1934) vedono indebolirsi la sua vena lirica iniziale. Fa eccezione, come visto in precedenza, Cosima (1937) al quale la Deledda affida in sintesi tutta la sua ideologia poetica manipolando la scrittura con straordinaria capacità inventiva. Nel 1927 riceve il premio Nobel per la letteratura, unica donna italiana fino ad oggi, che ne riconosce la fama anche sul piano internazionale. Muore a Roma nel 1936. La tomba della scrittrice, le cui spoglie sono nel cimitero di Nuoro dal 1957, mostra una struttura a forma di nuraghe, tra i più noti monumenti sardi, quasi a ribadire il forte legame, letterario e sentimentale, con la terra d’origine.