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Giovanni Amendola
(Salerno 1882-Cannes 1926)
Filosofo, politico

Giovanni Amendola compie studi letterari e filosofici a Roma, Mosca e Lipsia. Nel 1907 sposa, nella chiesa valdese di Roma, la lituana Eva Khun. Intensa è la sua attività giornalistica: fonda “La Voce” con Giuseppe Prezzolini e “L’Anima” con Giovanni Papini; nel 1912 diventa redattore politico da Roma per il “Resto del Carlino” e nel 1914 per il “Corriere della Sera”. Dagli anni ’10 abbandona l’iniziale militanza socialista per avvicinarsi al movimento liberale, ma su posizioni decisamente avverse al liberalismo di Giolitti. Nel 1917 parte volontario per la prima guerra mondiale e in seguito a questa esperienza si determina a intraprendere l’azione politica.

Viene eletto deputato liberale nel collegio di Salerno nel 1919 e di nuovo nel 1921. Nei due governi Facta del ’22 è Ministro delle Colonie e in questo stesso anno fonda con Francesco Saverio Nitti, Giovanni Ciraolo e Andrea Torre “Il Mondo”, portavoce dell’opinione liberaldemocratica meridionale.

Dopo la Marcia su Roma, pur non essendo stato inizialmente sfavorevole all’ingresso del fascismo nella scena politica italiana, prende subito posizione contro gli arbitri e le illegalità della nuova situazione. Dopo la vittoria del listone fascista alle elezioni del 6 aprile 1924 e l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva denunciato gli scandali della manovra elettorale, Giovanni Amendola diventa l’ispiratore della protesta dell’opposizione parlamentare chiamata Secessione dell’Aventino. Nel 1925 propone a Benedetto Croce di redigere il “Manifesto degli intellettuali antifascisti”, in risposta a quello degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile, e lo pubblica su “Il Mondo” il 1° maggio di quell’anno, con una lista di autorevoli firmatari.

Inviso al fascismo per questa sua intensa attività di oppositore, è più volte aggredito da  squadristi, tra i quali anche Albino Volpi e Amerigo Dumini, già colpevoli dell’omicidio Matteotti. Continua a intraprendere iniziative antifasciste, pubblicando saggi per le edizioni di Piero Godetti e fondando il quotidiano “Il Risorgimento”, ma il 25 luglio 1925, col tacito assenso delle forze dell’ordine, viene nuovamente picchiato con estrema violenza a Montecatini. Trasportato all’ospedale di Parigi e poi a Cannes, muore qui dopo una lunga agonia il 12 aprile 1926.