La chiesa di Santa Maria della Misericordia, oltre ad inserirsi nel programma di restauro e abbellimento degli edifici ecclesiastici romani attuato da Pio IX, rappresenta il punto focale nella struttura architettonica del Quadriportico. La costruzione, in sostituzione della vecchia cappella in legno adibita alle funzioni religiose, ebbe inizio ad opera dell’architetto Virginio Vespignani nel 1856 per terminare con la consacrazione nell’ottobre del 1860. La data di inizio dei lavori si pone quasi contemporaneamente agli interventi di Vespignani nel Quadriportico. Pio IX dovette tenere particolarmente a questa impresa, tanto da donare per la chiesa dodici colonne provenienti dalla basilica di San Paolo fuori le mura. E proprio alle basiliche paleocristiane si ispira la struttura architettonica, il cui modello rimane comunque quello di San Lorenzo. Soprattutto nella facciata si notano notevoli somiglianze, dato che, come la vicina basilica, presenta un portico antistante sorretto da quattro colonne ioniche con architrave su cui corre l’iscrizione dedicatoria a Pio IX; la parte superiore termina con un timpano triangolare dove ha sede il dipinto murale raffigurante Cristo comanda agli angeli di suonare le trombe del Giudizio, opera, ormai quasi del tutto illeggibile, di Francesco Grandi. All’interno la chiesa presenta tre navate, analogamente alla basilica di San Lorenzo; il soffitto a cassettoni dorato e dipinto, adesso in stato di completo degrado, rimanda invece ad analoghi esemplari realizzati nel XVI secolo. Sull’altare maggiore è collocata la tela di Tommaso Minardi – lo stesso pittore celebrato nel monumento funebre del Quadriportico – raffigurante la Madonna con Bambino, san Lorenzo e le anime del Purgatorio (1861). Nella parete sinistra, tra due finestre, si trova un altro altare dedicato alla Vergine, con un dipinto rappresentante la Madonna della Misericordia. Da notare che nel quadro, sullo sfondo, è raffigurato il Verano prima dell’erezione del Quadriportico con la presenza della vecchia cappella in legno demolita per far posto alla chiesa. Sul pavimento e sulle pareti è visibile un numero consistente di lastre sepolcrali, tra le quali, sul muro entrando a destra, quella dell’archeologo Antonio Nibby.