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Giuseppe Bottai
(Roma 1895-1959)
Politico

Conseguita la maturità al Liceo Tasso, si iscrive a Giurisprudenza e, scoppiato il primo conflitto mondiale, si arruola come volontario, meritando una medaglia di bronzo al valor militare. Già attivo nel movimento futurista e a capo dell’Associazione romana arditi d’Italia, nel 1919 entra nel Fascio di combattimento della capitale. Nel 1921 consegue la laurea e dirige la redazione romana del giornale fondato da Mussolini, “Il Popolo d’Italia”.
Il 28 ottobre 1922 partecipa alla Marcia su Roma guidando la colonna abruzzese-marchigiana. Sua è la scelta, in questa occasione, di entrare nel quartiere popolare di San Lorenzo, notoriamente di simpatie socialiste, provocando sanguinosi scontri.
Negli anni del regime lavora ad una costruzione ideologica di stampo revisionista, tesa a portare il fascismo nell’alveo dell’incompiuta evoluzione politica della Destra storica. Nel 1923 fonda “Critica fascista” e l’anno successivo, dalle colonne di questa, prende le distanze dall’omicidio Matteotti. In questa come in molte altre occasioni, Bottai viene richiamato all’ordine da Mussolini, con il quale ha un rapporto dialettico. Dal 1929 al 1932 è Ministro alle Corporazioni e come tale emana la Carta del Lavoro. Nel 1936, dopo essere stato per poco più di un mese governatore di Addis Abeba, viene nominato Ministro dell’Educazione nazionale, incarico strategico per il controllo della società dello Stato totalitario che ricopre fino al 1943. Combatte nel settore scolastico un’accanita crociata antiebraica, motivata non tanto dalle ragioni biologiche che improntano le leggi razziali del ’38, quanto da una contrapposizione culturale e religiosa tra la “personalità ebraica” e quella “italiana, cioè romana e cattolica”.
Si occupa anche dell’organizzazione dell’amministrazione del patrimonio culturale, connotandola come gerarchica e fortemente accentrata. Deluso dal fascismo, che si è dimostrato a suo dire troppo borghese e liberale, insieme a Dino Grandi e a Galeazzo Ciano prepara la mozione che il 25 luglio 1943 porta alla destituzione di Mussolini. Al Processo di Verona, indetto nel 1944 dalla neocostituita Repubblica Sociale Italiana, viene condannato in contumacia come traditore insieme agli altri gerarchi che avevano votato contro il duce. Dopo aver vissuto per alcuni mesi nascosto in un convento di Roma, si arruola nella Legione straniera francese con il falso nome di Andrea Battaglia, e combatte contro i tedeschi in Francia e in Germania. Tornato in Italia, fonda nel 1953 la rivista di critica politica ABC e dirige dietro le quinte Il Popolo di Roma.