Figlio di Sara Levi e di Meyer Moses, di nazionalità tedesca, Ernesto ebbe occasione fin dall’infanzia di respirare aria europea e democratica. In quel periodo infatti, era esule nella capitale londinese Giuseppe Mazzini che, amico di Sarina, avrebbe svolto un’importante funzione nella trasmissione di importanti valori civili per la vita dei figli. Casa Nathan divenne ben presto rifugio e punto di riferimento per i patrioti italiani esuli, tra i quali anche Saffi, Campanella e Quadrio. L’amicizia profonda che legava Mazzini alla famiglia Nathan influì sulla formazione del giovane. Mazzini lo inviò a Roma, dopo il 20 settembre 1870, incaricandolo di amministrare il giornale «La Roma del Popolo», attraverso cui formare la coscienza civile degli Italiani. Roma è appena diventata centro di un’Italia unita, realtà a lungo vagheggiata dai patrioti, ma in realtà piccola città in totale decadenza: il Tevere non è navigabile, le strade, le vie e le piazze sono impercorribili, l’analfabetismo sfiora l’elevato tasso del 69%, il numero degli elettori è del 2% e parecchie famiglie alloggiano in fienili o in case semidistrutte. Dal 1879 Nathan entra nell'ambiente parlamentare della sinistra storica, nello schieramento di Francesco Crispi e nel 1888 assume la cittadinanza italiana.
Nel 1887 entra nella Massoneria diventando nel 1895 Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. Nel 1889 contribuisce alla fondazione della società “Dante Alighieri”, istituita per tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana. Intanto, in numerosi interventi, sottolinea e denuncia i vari problemi sociali riguardanti la condizione degli svantaggiati, trattando del lavoro minorile, della condizione della donna, della riforma carceraria, dell’emigrazione, della prostituzione, dell’assistenza sanitaria. La Roma di Nathan è la città di chi si interroga sulle piaghe sociali, di chi si pone per obiettivo la nascita di una nuova coscienza pubblica.
Nel giugno 1889 entra nel Consiglio Comunale di Roma, nel dicembre viene nominato assessore e si batterà per i diritti civili: interverrà sul manicomio e il suo assetto, sullo sfruttamento minorile e quello della prostituzione; senza esitare a rompere con Crispi, causa la “questione morale”, per lo scandalo della Banca Romana, che aveva concesso illegalmente crediti a uomini politici, e per sperpero del pubblico denaro. Nel 1900 pubblica postumi gli scritti di Giuseppe Mazzini e rafforza la Massoneria di cui inaugura la nuova sede in Palazzo Giustiniani. Dal 1907 al 1913 si colloca la sua candidatura a sindaco, gestita con senso mazziniano di etica pubblica, nello sforzo di governare la gigantesca speculazione edilizia e un piano vasto e intelligente di istruzione per l’infanzia e di sostegno alla formazione professionale, pensati e realizzati in chiave assolutamente laica. Gli anni della sua amministrazione comunale assistono anche alla vistosa svolta nel rapporto fra la comunità ebraica e la vita popolare cittadina. I maggiorenti ebrei, da sempre legati alla destra storica, si trovarono schierati compatti dalla parte opposta, a fianco di Nathan. Tra le numerose conquiste si annoverano: l’organizzazione dell’Esposizione d'Arte internazionale nel 1911; la delibera per l’impianto municipale dell'energia elettrica (Acea, 1912) e il trasporto (Atac, 1911), la lotta contro la speculazione edilizia, l’approvazione del nuovo Piano regolatore, la bonifica dell'Agro Romano (dove vengono realizzati anche piani di edilizia scolastica e sanitaria), la nascita dell’Istituto Case Popolari, la costruzione di 150 Asili d’Infanzia e Scuole Elementari statali, dotati tutti di refezione, laboratori, palestre, servizio sanitario e biblioteche. Nel 1913 le elezioni politiche sono segnate dai brogli elettorali che coinvolgono le famiglie più in vista di Roma. I risultati segnano la sconfitta delle sinistre, nuovo sindaco veniva eletto don Prospero Colonna.
È sepolto accanto alla tomba della madre e della famiglia Levi e Nathan. La sua tomba, sobria e raffinata, a rudere di mura romane celebra il suo legame culturale e affettivo con la città, mentre l’iscrizione è l’ultima testimonianza sull’etica laica del pensiero mazziniano impressa indelebilmente sulla sua memoria: «Muoio come ho vissuto, nella fede di Giuseppe Mazzini, serenamente soddisfatto se, attraverso la vita, sino agli ultimi giorni ho potuto darne testimonianza».