Si dedicò dapprima alla pittura, ma seguì quindi gli studi di architettura e ingegneria, vincendo già nel 1840 il concorso annuale indetto dalla Congregazione dei Virtuosi del Pantheon. Tenente del genio pontificio, nel 1849 non volle prestare giuramento alla Repubblica romana. Nel corso della sua lunga esistenza, ebbe modo di fare varie esperienze stilistiche, dal secondo neoclassicismo al neorinascimentale, al neogotico, al cosiddetto umbertino, mantenendosi costantemente a un livello sobrio e razionalmente avanzato.
Per oltre un quarantennio fu architetto della famiglia Doria: uno dei più interessanti lavori dal punto di vista tecnico fu la cavallerizza coperta (1847) nel vasto cortile di palazzo Doria sul lato di via del Plebiscito. Sempre per i Doria, nel 1877 aggiunse al palazzo un'ala su piazza Grazioli. Nel 1859 progettò l'arco trionfale dopo l'ingresso della villa sul Gianicolo, al posto del casino dei Quattro Venti, andato distrutto nei combattimenti del 1849.Come primo architetto della Fabbrica di S. Pietro, eseguì importanti opere, tra le quali si ricordano: la sistemazione urbanistica di piazza Mastai in Trastevere (1863-64); il sobrio palazzo della Dataria apostolica sulla salita dell'omonima via presso il Quirinale (1860; nel 1884 fece un nuovo atrio); il Collegio americano del Nord, nell'isolato fra piazza della Pilotta e le vie dell'Archetto e dell'Umiltà, e quello americano del Sud in piazza della Minerva (1866-67); il penitenziario di Civitavecchia (1857); il monastero e la cappella votiva annessi alla basilica di S. Agnese in via Nomentana (1855).
Numerose le opere sacre, fra cui la cattedrale di Ferentino (1863-64), il collegio e la chiesa di S. Paolo in Dublino (1859), la chiesa romana di S. Giuseppe Calasanzio in via Cavallini (1888-89), la chiesa di S. Vincenzo de' Paoli (1893-95), presso piazza Bocca della Verità. Monumentali le cappelle sepolcrali al Verano per la Congregazione di Propaganda Fide (1888) e per l'Ordine dei domenicani.Altri suoi progetti degni di nota (quasi tutti pubblicati) riguardarono un auditorium, ponti metallici sospesi sul Tevere e sistemi di ponteggi, pressoché identici a quelli ora in uso, per consentire la circolazione in Roma durante le inondazioni. Ebbe vasta risonanza anche all'estero la polemica divampata sulla stampa, nel 1886, in seguito al grido d'allarme rivolto da F. Gregorovius a Busiri Vici, allora presidente dell'Accademia di S. Luca, perché cessassero le devastazioni che si andavano compiendo a Roma, divenuta capitale d'Italia: Busiri Vici però, sostenne le necessità dello sviluppo della città.Divenne accademico di merito di S. Luca nel 1859, e, in seguito vi fu professore per l'architettura pratica; nel biennio 1886-87 ricoprì la carica di presidente e in ultimo fu emerito decano. Fu membro di numerose altre accademie italiane e straniere e fecondo scrittore anche di cose d'arte e di curiosità romane..