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Virginio Vespignani
(Roma 1808 – 1882)
Architetto

Architetto di cultura accademica, fu allievo di Luigi Poletti e insegnante dell’Accademia di San Luca di cui fu anche presidente nel 1870. Collaborò con il suo maestro sia per la ricostruzione della Basilica di San Paolo fuori le mura, progettando il portico in facciata (1882), sia per la realizzazione del portale neoromanico della chiesa di San Tommaso di Canterbury, presso piazza Farnese (1866). La maggior parte della sua attività si svolse, però, sotto il pontificato di Pio IX, che lo scelse come braccio esecutivo della sua campagna di rinnovamento dell’immagine della chiesa, affidandogli anche alcuni dei restauri più importanti da lui promossi. L’architetto si occupò, infatti, dei lavori alla Basilica di San Lorenzo fuori le mura (1855-64) e della sistemazione della parte monumentale del Cimitero del Verano, con la progettazione dell’Ingresso Monumentale (compiuto nel 1872), della chiesa di Santa Maria della Misericordia (consacrata nel 1860), del Quadriportico (terminato nel 1874) e del Monumento ai Caduti Pontifici nella battaglia di Mentana, al Pincetto Vecchio (1867). Lo stile adottato dall’architetto per queste realizzazioni è soprattutto ispirato all’architettura rinascimentale, specialmente nell’impiego di un linguaggio architettonico semplice e basato su chiari rapporti proporzionali. Tuttavia sono presenti contaminazioni stilistiche con culture architettoniche diverse, che lo portano all’elaborazione di uno stile di passaggio fra il neoclassicismo e le prime avvisaglie dello stile eclettico.

Il sepolcro di Virginio Vespignani fu realizzato dal figlio Francesco, che lo seguì nella professione di architetto, è costituito da un sarcofago sormontato da un busto del defunto, opera di Giuseppe Prinzi.

Su commissione di papa Pio IX, Vespignani progettò e realizzò numerosi interventi per il restauro di chiese romane. Si occupò, per esempio,  dell’ampliamento del Convento della Visitazione, poi sede dell’Antiquarium Palatino, su una parte della Domus Flavia (1855). Nella chiesa di San Carlo ai Catinari diresse gli interventi sull’interno (1857-61), così come per S. Croce e S. Bonaventura dei Lucchesi (1859-63) e San Marcello al Corso (1861-67), dove con un restauro purista operò il rifacimento dell’altare maggiore e delle decorazioni dell’abside e l’eliminazione di molte delle decorazioni inserite in epoche diverse. Sempre su incarico di Pio IX, costruì la Confessione di Santa Maria Maggiore (1862-64) e guidò il restauro stilistico di Santa Maria in Trastevere (1866-77). Nella chiesa di San Lorenzo in Damaso (1868-82), sempre seguendo i dettami del restauro stilistico, impose il freddo ripristino della chiesa rinascimentale cancellando sia gli interventi seicenteschi di Gian Lorenzo Bernini, sia quelli più sostanziali dell’inizio dell’Ottocento di Valadier.

Nel tessuto della città, sempre per volere di Pio IX, Vespignani curò il rifacimento neoclassico di Porta San Pancrazio al Granicolo. Fra il 1853 e il 1869, realizzò la sistemazione della facciata esterna e il restauro della sommità di Porta Pia, prima degli avvenimenti del 1870. Successivamente alla presa di Roma, invece, ricostruì nei pressi di Piazza Fiume la Porta Salaria, che era stata gravemente danneggiata nel corso degli stessi moti. Tale opera fu distrutta negli anni trenta del Novecento.

Fra le opere di Virginio Vespignani non legate ad interventi di restauro sono da segnalare la Chiesa della Madonna dell’Archetto nei pressi di SS Apostoli (1851), caratterizzata da una buona armonia delle proporzioni e da una ricca decorazione, il Baldacchino e la confessione di San Pietro in Vincoli (1876) e l’edificio di raccordo fra la basilica e il battistero di San Giovanni in Laterano, realizzato con il figlio Francesco nel 1884. Fuori Roma, l’architetto fu attivo soprattutto a Viterbo, dove progettò il Teatro dell’Unione (1844-55) e il neoclassico Caffè Schenardi al Corso (1818), che divenne poi covo di patrioti durante la repubblica romana, e ad Orvieto, dove lavorò, per esempio, al Palazzo dell’Opera del Duomo (1857).