L’architetto Giovanni Battista Giovenale (Roma, 1848 – 1934), autore della cappella è responsabile, al Verano, anche del progetto della Cappella Donati Sacconi.Lo stile di Giovenale appare improntato, generalmente, alla riscoperta delle tradizioni architettoniche del passato, come tipico del periodo storico in cui l’architetto si trovò ad operare. Egli fu tra i primi, però, a cercare fonti di ispirazione anche nell’architettura del Seicento, seppure filtrata alla maniera “povera” del barocchetto romano di fine Ottocento, dove muratura e stucco sostituivano per necessità economiche i laterizi e i marmi, per esempio, nel Villino Folchi della tenuta di Villa Ludovisi, realizzato dall’architetto nel 1886-87, dove rese omaggio all’architettura del primo Seicento, o nella eclettica Villa Boncompagni Ludovisi (1901-03). Con una ispirazione bizantineggiante, invece, lo stesso architetto aveva realizzato la cripta di Santa Cecilia a Trastevere (1899-1901), modificando strutture preesistenti.Giovenale ricoprì varie cariche importanti, fra cui quella di Ministro dei Lavori Pubblici (1867), di presidente dell’Accademia di San Luca (1911-12), e di Architetto della Fabbrica di San Pietro, in tarda età. Soprattutto, però, fu presidente della Associazione artistica fra i Cultori di architettura, fondata a Roma nel 1890 con lo scopo di sorvegliare i progetti di trasformazione della Capitale, a tutela delle ragioni estetiche e archeologiche. Tale associazione si adoperò, per esempio, per la tutela dell’Isola Tiberina e per la ricostruzione del Palazzetto di Venezia e del porto di Ripetta in altro luogo. Si interessò anche di stilare un inventario dei monumenti di Roma, da consegnare all’amministrazione perché ne tenesse conto nella stesura dei regolamenti edilizi e per eventuali modifiche ai piani regolatori. Della commissione fece parte anche Camillo Boito, che si occupò, insieme a Giovenale, della creazione di un sistema di analisi degli edifici, oggi unanimemente giudicato opportuno, che si basasse non solo sullo studio dei documenti, ma anche su una accurata osservazione delle murature, come materiali e come tecnica di esecuzione, in una sorta di stratigrafia verticale paragonabile a quella orizzontale utilizzata dagli archeologi.L’architetto fu autore, in questo spirito, del restauro stilistico di Santa Maria in Cosmedin (1894-99), in cui dimostrò una forte sensibilità nei confronti del vissuto storico dell’edificio, restituendo il monumento, sulla base anche di un accurata ricerca documentaria, non come avrebbe dovuto essere ma come realmente si era presentato in occasione della riconsacrazione del suo altare maggiore nel 1123.