Gaetano Koch (Roma, 1849 – 1910) è l’architetto romano che diede a Roma il volto che oggi è a noi familiare. Fu infatti uno dei protagonisti, piuttosto con le sue opere che con astratte dichiarazioni di intenti, dell’acceso dibattito che si sviluppò, a partire dagli ultimi anni dell’Ottocento, intorno al nuovo stile nazionale da adottare anche per trasformare Roma nella nuova Capitale d’Italia.
“Grosso costruttore senza il genio della personalità” a detta di Marcello Piacentini, Gaetano Koch fu un professionista affidabile e rigoroso nella progettazione e nella direzione dei numerosi cantieri a lui affidati. Scelse come stile appropriato per dare un volto alla nuova città che si andava formando il Neocinquecentismo, abbracciandolo come una fede dalla quale non si discostò praticamente mai. Fermamente contrario a qualsiasi forma di eclettismo,compose le sue facciate, spesso simili fra loro, sempre con grande armonia e proporzione, utilizzando cornici modanate, fasce ed altri elementi di ornato con una ricchezza di particolari proporzionale all’importanza dell’edificio. Negli spazi interni, fu un progettista capace di adattare l’estetica alle nuove regole distributive che si andavano precisando in quegli anni, integrando, come del resto avvenne in generale a Roma, per il fenomeno del Neocinquecentismo, le forme della città lasciata in sospeso dal Cinquecento con le funzioni di una moderna Capitale. Una delle prime opere realizzate dall’architetto nella Capitale furono i palazzi porticati dei lati lunghi di Piazza Vittorio Emanuele II, nel 1882, dove evidenziò subito una buona capacità di gestire la distribuzione interna degli spazi. L’affidabilità dimostrata da Koch nel rispondere in maniera costante alle richieste di vari tipi di committenza, gli valse subito dopo numerosi incarichi di fiducia, come quello del 1886 per la realizzazione del Palazzo Boncompagni Ludovisi in via Veneto, attuale Palazzo Margherita, emblema del suo stile architettonico con cui riprese, in forma più aulica e monumentale, l’impostazione e lo stile della precedente residenza dei committenti, il tardo cinquecentesco palazzo Piombino a piazza Colonna, oggi non più esistente. Sulla stessa via, l’architetto fu autore anche dell’Hotel Majestic (1896).
Nel caso degli edifici semicircolari di Piazza Esedra, realizzati da Koch fra il 1887 e il 1898, il profilo della costruzione ricalca quello dell’esedra delle antiche terme di Diocleziano, di cui faceva parte anche l’attuale chiesa di Santa Maria degli Angeli, sull’altro lato della Piazza. L’idea di utilizzare questo tracciato, all’epoca ben visibile grazie ai reperti archeologici ancora in loco, era stata già avanzata in alcuni progetti del primo concorso per il monumento a Vittorio Emanuele II, dove veniva chiesto anche di individuare il sito su cui erigere l’edificio. Dalla stessa fonte potrebbe derivare anche la scelta di Koch di utilizzare anche in questo caso delle facciate porticate, che comunque assolsero benissimo la funzione monumentale necessaria a sottolineare l’imbocco di via Nazionale.Koch non partecipò mai a concorsi pubblici. Il progetto per la sede della Banca d’Italia fu commissionato dalla Banca Nazionale direttamente a quelli che venivano ritenuti gli architetti di maggiore fama del momento. Oltre a Gaetano Koch, vennero prescelti Pio Piacentini, già vincitore del Concorso per il Palazzo delle Esposizioni e Francesco Azzurri, che rinunciò. La scelta fra i due progetti si rivelò molto difficile per la commissione, di cui faceva parte anche Camillo Boito. Alla fine fu preferito quello di Koch perché, a fronte di una facciata che destava qualche perplessità a causa del forte impatto visivo, rispetto a quella giudicata più soddisfacente per la cultura del momento del progetto di Piacentini, la distribuzione interna degli spazi appariva nel progetto di Koch innovativa e pienamente soddisfacente. La facciata in travertino è movimentata da leggeri arretramenti e aggetti, tutti coerenti con il ritmo imposto dalla scansione delle finestre. Il bugnato della base dell’edificio, saldamente ancorato al suolo e isolato da un vero e proprio fossato che permette, tra l’altro, di dare luce agli ambienti interrati, si alleggerisce nei piani superiori. La decorazione, negli interni, appare a misura d’uomo e di altissima qualità artigianale, favorendo l’ambientazione della collezione d’arte ospitata nei locali del palazzo, i cui lavori di costruzione vennero completati, in soli quattro anni, nel 1892.